Il Giuoco del Barone è la riuscita opera prima del compositore Valentino Bucchi, su libretto di Alessandro Parronchi, ispirata all’omonimo gioco di società (una variante toscana del Gioco dell’Oca). L’opera da camera fu rappresentata per la prima volta a Firenze nel 1939 al Teatro “Sperimentale” di via Laura; nel corso del Novecento fu più volte messa in scena da registi quali Franco Zeffirelli, Cesare Orselli, Stefano Vizioli. Nel 1956, la trasposizione per radio vinse il Prix Italia, il concorso radiofonico internazionale più prestigioso. Il libretto di Alessandro Parronchi è ora riproposto in una raffinata versione curata dalle Edizioni San Marco dei Giustiniani in Genova. Un’edizione filologicamente curata da Marino Fuchs (sua anche la postfazione), arricchita dagli scritti di Valentino Bucchi, Alessandro Parronchi, del critico musicale Bruno Barilli e dalla tavola a colori del Giuoco del Barone, disegno originale di Guido Zibordi Marchesi.
Firenze, dicembre 1939. Al Teatro “Sperimentale” di via Laura 64 (demolito nel 1959) va in scena Il Giuoco del Barone, del giovane e talentuoso Valentino Bucchi, “opera prima” che darà il via alla sua fortunata carriera di compositore. L’autore del libretto era allora sconosciuto e celato dal riserbo dell’anonimato. L’opera da camera era tra le più atipiche in quegli anni di regime, dominati anche nel teatro in musica dall’estetica tardo-verista, dall’esaltazione dei miti romani e delle imprese belliche. La rappresentazione catturò l’attenzione di Bruno Barilli, musicista e critico tra i più influenti dell’epoca, il quale salutò l’ingegno di quei giovani che avevano creato un’opera capace di rompere gli schemi della tradizione operistica e di risvegliare il pubblico dall’atmosfera letargica di una Firenze invernale, gravata dalla mortifera «guerra alle porte».
L’autore misterioso dei versi era un giovane studioso di storia dell’arte, Alessandro Parronchi, amico di Valentino Bucchi. Entrambi, nella seconda metà degli anni Trenta, iniziavano a inseguire le loro aspirazioni artistiche: Bucchi la musica e Parronchi la poesia; i due, insieme a Franco Fortini, frequentavano il circolo letterario di Piero Santi. Fu proprio Fortini a spronarli a dare vita a un’opera moderna su un soggetto popolare, come avevano fatto Igor Stravinskij e Charles-Ferdinand Ramuz con L’histoire du soldat, a partire dall’antico giuoco del Barone, una variante toscana del Gioco dell’Oca.
Parronchi immaginò dunque le strampalate vicende di un «avventuriero da strapazzo», il Barone appunto. Dalla tavola del gioco Parronchi riprese un repertorio di figure, simboli e personaggi relativi alla tradizione popolare; inoltre, lo stesso funzionamento del gioco è assunto come meccanismo combinatorio dell’invenzione letteraria e dell’azione scenica. Così il “colpo dei dadi”, non solo determina il fato del Barone, i suoi incontri, le sue disavventure, ma sfida gli spettatori-giocatori a cercare un senso in una vita che tuttavia è «senza nesso, senza costrutto», perché dominata da un enigmatico deus ex machina, il “Tiratutti”, casella finale e traguardo del gioco di percorso, che si rivelerà solo alla fine.
Nato quasi come uno scherzo tra amici, il libretto fu a lungo disconosciuto da Parronchi, poiché eccentrico rispetto alle sue giovanili ambizioni liriche ed estraneo al clima ermetico di quegli anni. L’opera ottenne però un successo indipendente dal volere dell’autore, tanto che nel 1955 Parronchi accettò di collaborare con Bucchi a una nuova versione del Giuoco del Barone, pensata per la radio. Nella nuova veste fu presentato a Roma nella stagione pubblica del Terzo Programma, il 28 gennaio 1956, e vinse il Prix Italia, il più antico e prestigioso concorso internazionale per i programmi radiofonici. Nel 1958 il Festival dei Due Mondi di Spoleto selezionò il Giuoco come unica opera italiana contemporanea, la regia fu affidata a Franco Zeffirelli. L’opera ebbe un vivo riscontro anche nelle successive rappresentazioni al Teatro Puccini di Firenze nel 1982, per la regia di Cesare Orselli, e per il Maggio Musicale Fiorentino 1989 al Teatro Comunale di Firenze, per la regia di Stefano Vizioli. Nell’autunno del 2019 è prevista una nuova rappresentazione del Giuoco del Barone ad opera del Conservatorio Niccolò Paganini di Genova.